L’EVOLUZIONE DELLE GRANDI NAVI A VELA: 1. LA CARACCA


Per parlare della vera e propria storia ed evoluzione dei grandi velieri bisogna aspettare i tempi più vicini a noi, il 1300 circa. È in questi anni che appare in un documento, la "Carta di Pizigani", un tipo di nave a due alberi: la caracca. È questa che poi subirà le opportune e graduali modifiche, richieste dalle varie esigenze dei diversi periodi storici.
È da ricordare inoltre che fino al 1700 circa non esistevano scuole di costruzione navale, schemi o regole, e tutto il sapere era tramandato oralmente dai maestri artigiani, i carpentieri.
Si tratta di un bastimento di alto bordo e di gran portata a quattro o cinque coperte, con due castelli uno a poppa e l'altro a prua, tre alberi, vele quadre, gabbie, parrocchetti, la mezzana latina. La sua portata è di 2.000 tonnellate (*). Veniva usata da tutte le nazioni, ma particolarmente da Genovesi e Portoghesi, per il traffico e qualche volta anche in guerra.
Il castello, sia a prua che a poppa, è una sovrastruttura leggera, praticamente una piattaforma, circondata da una balaustra o da un grigliato per non pesare sulle estremità della nave.
Inizialmente era fornita di due soli alberi, quello di maestra e quello di mezzana. La spinta maggiore viene naturalmente dalla vela più grande, una sola vela quadra sull'albero di maestra.
Con il tempo le viene apportata una modifica e viene aggiunto un terzo albero. È da tener presente che ogni albero ha una sola vela ed è quadra. Le manovre dipendono dalle due vele più piccole, quella dell'albero di mezzana e quella dell'albero di trinchetto.
Successivamente anche le vele vengono modificate. Viene aggiunto un pennone al bompresso sul quale viene issata una vela quadra e sopra la maestra viene innalzato un alberetto sul quale è infierita una vela di gabbia, sempre quadra.
La SANTA MARIA, nave ammiraglia di Cristoforo Colombo, era una caracca di piccole dimensioni varata nel 1480 circa. La lunghezza fuori tutto era di circa 24 metri e la larghezza di 8 metri, l'immersione di metri 2,10 e la stazza di tonnellate 51,3 (attuali). Era dotata di tre alberi (l'albero di maestra era alto m 26,60), un equipaggio di 39 uomini, e portava 4 bombarde da 90 mm, diverse colubrine da 50 mm e balestre e spingarde portatili. Sull'albero di maestra il grande trevo portava la croce rossa di Castiglia e la parte superiore dell'albero era fornita di una piccola vela di gabbia; sull'albero di trinchetto c'era una sola vela che prendeva lo stesso nome dell'albero e sull'albero di mezzana si presentava una piccola vela latina triangolare; il bompresso sorreggeva la civada (piccola vela quadra). Alla vela maestra potevano all'occorrenza essere aggiunte altre due vele, due coltellacci (piccole vele quadre).
Sul cassero c'era la cabina dell'ammiraglio, mentre l'equipaggio dormiva sotto il ponte di coperta (sul nudo legno) dove era presente anche un locale che si potrebbe identificare con una cucina. Altre caracche di cui si ha documentazione raggiungevano al massimo la lunghezza di 38 metri fuori tutto, e di 26 metri considerando la sola chiglia, ed erano alte metri 10,40.

(*) Il veliero è una nave che sfrutta il vento come mezzo di propulsione. Tra le creazioni dell'ingegno umano, è quello che mette insieme esigenze tecniche, funzionali ed estetiche.
Scaturisce dall'evoluzione di un piccolo, semplice, mezzo di trasporto, il primo vero mezzo di trasporto fin dall'antichità; indispensabile per mettere in comunicazione i Popoli, per la scoperta di Nuovi Mondi e per lo scambio di merci.
Se ci pensi, ti rendi conto di quanto sia sempre stata importante la nave. Un uomo può portare solo un peso analogo al suo e per un breve periodo; se utilizza un carro trainato da cavalli, o buoi, può arrivare a quattro o cinque quintali. Ma una canoa di dieci metri, condotta da otto rematori porta quattro tonnellate! E una piccola imbarcazione a vela, con un equipaggio di tre uomini, ne porta trenta!
(Ammiraglia 88)

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