Libera pratica per il diporto l’ok anche per telefono


L'eco del dibattito sulla semplificazione normativa, che sembra essere tra le priorità del Governo, non deve essere arrivato al ministero della Salute. Almeno a giudicare dal guazzabuglio che si sta generando intorno alla famigerata circolare che lo scorso 15 giugno ha messo sottosopra il mondo diportistico introducendo per le imbarcazioni da diporto che navigano per oltre 6 ore l'obbligo di chiedere l'autorizzazione (libera pratica sanitaria) se entrano in un approdo diverso da quello di partenza. Applicando a un settore ricreativo, nel nome della salvaguardia sanitaria anti Covid-19, una norma nata per le navi commerciali o da crociera.

Forse è per questo che dopo le proteste di associazioni di categoria (trale altre Assonautica e Confindustria Nautica) e anche interrogazioni parlamentari, le maglie della circolare si stanno progressivamente allargando. Ora per i diportisti il via libera allo sbarco sembra possa essere richiesto anche a voce, al telefono cellulare, oltreché attraverso i previsti moduli inviati per e-mail o “con altri mezzi” come indicato nella circolare (perché naturalmente tutti a bordo dispongono di un fax, stampante o scanner). Il condizionale però è d'obbligo, perché in realtà non ci sono aggiornamenti del provvedimento o indicazioni scritte, bensì una nuova “prassi”. Meno vessatoria, ma altrettanto aleatoria. A comunicarcelo sono stati infatti per primi alcuni lettori di Bolina, i quali lo hanno saputo in diretta dagli “Usmaf”, gli Uffici di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera ai quali va inviata la richiesta di “libera pratica”. E poi ce lo ha confermato anche lo stesso Mauro Dionisio, il dirigente del ministero della Sanità che ha firmato il famoso provvedimento, il quale a una nostra richiesta di chiarimento ha risposto con un laconico: “la circolare prevede già comunicazione all'Usmaf anche con altri mezzi (tipo una telefonata)”.

Quindi bene. Anche se non era così scontato, leggendo il provvedimento, che si potesse risolvere il tutto anche al telefono, visto che si prevede la compilazione di moduli e questionari. Ma l'importante è semplificare la vita a chi naviga e anche non oberare di pratiche uffici non preparati a gestire, soprattutto in periodo estivo, migliaia di utenti che si spostano in barca lungo la penisola. Resta comunque l'interrogativo sul perché di una disposizione che discrimina e penalizza chi si sposta in mare, anche solo per poche decine di miglia, a differenza di chi lo fa a terra con un'auto, un pullman o un treno per centinaia di chilometri.


Per chi naviga su un'imbarcazione o una nave da diporto, ora quindi la disposizione si dovrebbe articolare come segue.
I comandanti (o gli armatori) di imbarcazioni e navi da diporto che arrivano da porti italiani (o area Schengen) e abbiano navigato per oltre 6 ore, prima di rientrare in un approdo diverso da quello di partenza devono compilare una “dichiarazione di sanità marittima” relativa all'equipaggio e spedirla per e-mail o altro mezzo all'ufficio di Sanità Marittima competente per territorio. In assenza di risposte negative al questionario è prevista l'autorizzazione automatica all'approdo. Una procedura di silenzio-assenso.
La stessa procedura può essere eseguita dal comandante della barca, una volta accertato che a bordo stiano tutti bene, anche telefonando a uno degli uffici “Usmaf” di cui sopra. In questi infatti sono previsti turni di reperibilità di 24 ore e inoltre possono essere raggiunti anche chiamando via radio Vhf la Capitaneria di Porto competente per luogo.
Ricordiamo che da questa, in ogni caso complicata e penalizzante trafila, sono sentate le unità che fanno rientro nello stesso porto dal quale sono partite e che non abbiano imbarcato altre persone nel tragitto. Naturalmente, in caso il comandante riscontrasse problemi sanitari a bordo, prima di entrare in porto dovrà aspettare il Nulla Osta dall'autorità sanitaria di porto.
 

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