Microplastoche proliferano anche in Mediterraneo


Sono stati comunicati il 23 aprile i dati ufficiali relativi alla presenza di microplastiche nel Mediterraneo derivati da una nuova ricerca condotta da Greenpeace, Cnr, Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova (ISMAR) e dall’Università Politecnica delle Marche. E i risultati sono purtroppo poco incoraggianti. I campionamenti realizzati nelle nostre acque hanno rivelato infatti che lo stato di salute dei nostri mari è già fortemente compromesso: la presenza di microplastiche è enorme con valori paragonabili a quelli che si trovano nelle “isole di plastica” oceaniche e con in più l'aggravante che il mare Nostrum è un bacino semi-chiuso fortemente antropizzato, con un limitato riciclo d’acqua.

La campagna ha permesso di analizzare campioni di acqua di mare prelevata in 19 stazioni lungo la costa italiana, da Genova ad Ancona dalla Ranibow Warrior, la nave ammiraglia di Greenpeace la scorsa estate. I prelievi sono stati effettuati sia in zone soggette a un forte impatto antropico, come le foci dei fiumi e i porti, che in aree marine protette e i risultati indicano che l’inquinamento da plastica non conosce confini e che i frammenti si accumulano anche in aree protette o in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento. "Infatti – ha dichiarato Francesca Garaventa, responsabile CNR-Ismar dei campionamenti –  nella stazione di Portici (Napoli) zona a forte impatto antropico, si trovano valori di microplastiche pari a 3,56 frammenti per metro cubo ma valori non molto inferiori - 2,2 si trovano anche alle Isole Tremiti”.

"Per avere un’idea di cosa significhino tali valori – scrive in un comunicato stampa Greenpeace – immaginiamo di riempire due piscine olimpioniche con l’acqua delle Isole Tremiti e l’acqua di Portici: nella prima ci troveremmo a nuotare in mezzo a 5.500 pezzi e nella seconda in mezzo a 8.900 pezzi di plastica. Per invertire questa tendenza è indispensabile intervenire alla fonte, ovvero creare un sistema di produzione virtuoso. Il riciclo, purtroppo, non è la soluzione e sono le aziende responsabili che devono farsi carico del problema, partendo dall’eliminazione della plastica usa e getta". 

La nota associazione ambientalista ha lanciato una petizione per sensibilizzare le multinazionali in questo senso. 
 

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