L’iperventilazione


Tra le tecniche piu’ usate per aumentare la permanenza sul fondo nell’apnea, vi e’ l’iperventilazione forzata. Attraverso questa tecnica che consiste nell’effettuare ripetutamente profonde inspirazioni seguite da profonde espirazioni, si ottiene nel proprio organismo una riduzione della concentrazione del biossido di carbonio, importantissimo stimolatore dell’apparato respiratorio. Questa riduzione dai valori normali del CO2 aumenta con l’aumentare dell’iperventilazione, mentre la concentrazione di ossigeno non subisce sostanziali innalzamenti in quanto l’emoglobina e’ gia’ satura normalmente al 98%. In immersione questa alterazione avra’ l’effetto di non far sentire al subacqueo il bisogno di respirare in quanto, perche’ cio’ avvenga, si deve attendere il ritorno a valori normali del CO2, quindi l’apnea avra’ una durata maggiore. Questa situazione, se esagerata, puo’ essere fonte di incidenti come la sincope anossica in risalita (perdita di coscienza) in quanto prima che il sub avverta il bisogno di respirare, la concentrazione (o pressione parziale) dell’ossigeno potrebbe aver raggiunto valori insufficienti alle normali attivita’ fisiologiche. E’ quindi sconsigliata la prolungata iperventilazione individuando nei 4-5 atti respiratori profondi la giusta dose di …”doping”. L’attrezzatura dell’apneista si differenzia da quella del sommozzatore soprattutto per le pinne e la maschera.

Le pinne saranno del tipo lungo e la maschera sara’ del tipo a volume ridotto per facilitarne la compensazione. Buona norma e’ l’attesa di 3-4 minuti tra un immersione e l’altra per ristabilire nell’organismo le normali concentrazioni di ossigeno e biossido di carbonio. Particolare attenzione l’apneista la dedichera’ a inizio immersione nell’effettuare la capovolta. La capovolta sara’ del tipo “a squadra” che consente un ridotto rumore causato da sbattimenti delle pinne in superficie, responsabile di fughe dell’eventuale pesce presente e una maggiore facilita’ di discesa dei primi metri.

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